Note |
Con "Brother" Takeshi Kitano mette ordine nella sua filmografia, sintetizza le costanti di uno stile, mette a disposizione un'antologia dei suoi noir sul furore degli yakuza. Rituali, cerimonie, esplosioni di violenza, umorismo, mucchi selvaggi disposti a vivere e, soprattutto, a morire. A Tokyo come in America. Sono Samurai moderni con tatuaggi larghi quanto un tappeto, con mignoli tranciati e ventri squarciati da hara-kiri al saké. Tornano le inquadrature del mare e della spiaggia, si moltiplicano le assonanze con i "padrini" coppoliani, cresce il disincanto di chi č obbligato a fare solo il lavoro sporco. Il regista attore attraversa lo spazio delle inquadrature con le sue gambe storte da clown triste, con la faccia di un Clint Eastwood che ha preso una scossa elettrica e con la sicurezza di un anarchico solitario. Versione orientale degli eroi fuorilegge adorati dal cinema americano.
|